Come valorizzare un break nella carriera

Succede sempre più spesso che, a un certo punto della propria carriera, ci sia un buco, un periodo di stacco, un’interruzione del percorso professionale. Accade con più frequenza alle donne, soprattutto dopo la maternità: secondo i dati dell’Ispettorato del lavoro, nel 2020 ci sono state 42mila dimissioni consensuali di genitori di bambini da 0 a 3 anni, e il 77% di questi erano donne.
13/10/2022

 

Succede sempre più spesso che, a un certo punto della propria carriera, ci sia un buco, un periodo di stacco, un’interruzione del percorso professionale. Accade con più frequenza alle donne, soprattutto dopo la maternità: secondo i dati dell’Ispettorato del lavoro, nel 2020 ci sono state 42mila dimissioni consensuali di genitori di bambini da 0 a 3 anni, e il 77% di questi erano donne. Ma non è più così inusuale che ci si prenda un periodo sabbatico, o, al contrario, che si debba lasciare il lavoro per prendersi cura di un familiare, o anche che si cambi il "vecchio" impiego in cerca di qualcosa di più soddisfacente. Il fenomeno è in crescita, tant'è che LinkedIn ha ritenuto di dover dare la possibilità ai suoi utenti di dichiarare questi career break in uno spazio apposito del proprio profilo professionale. Una decisione supportata da quanto emerso in un’indagine condotta fra responsabili delle risorse umane, il 51% dei quali ha dichiarato di essere più propenso a contattare un candidato se questo fornisce spiegazioni sui propri periodi di inattività.

 

LinkedIn cambia il suo modello

 

Nel mercato del lavoro americano è sicuramente più frequente affrontare un’interruzione di carriera, ma il dato che emerge dalla survey è che il 60% degli intervistati ritiene che sia un incidente di percorso da nascondere, perché costituisce ancora uno stigma negativo per un professionista. Al contrario, il 46% dei reclutatori intervistati ha affermato di ritenere che tutte queste persone rappresentino un bacino di talenti da cui poter attingere. Da qui la decisione di LinkedIn di dare la possibilità ai suoi utenti non solo di registrare i periodi vacanti, ma anche di spiegare i motivi dell’interruzione del lavoro, le esperienze vissute o le skill apprese durante il tempo trascorso lontano dal lavoro. Non solo: a disposizione ci sono anche una serie di corsi da seguire per facilitare il rientro in ufficio.

 

Una risorsa, non un problema

 

L’iniziativa di LinkedIn segnala la consapevolezza di un fenomeno in crescita per vari motivi, ma anche la necessità di superare il giudizio negativo a priori rispetto a candidati che non hanno avuto una carriera del tutto lineare. Un fenomeno che naturalmente ha a che fare anche con la difficoltà delle aziende a individuare profili idonei a ricoprire le posizioni aperte. Ma sono alcune opinioni espresse dagli HR manager a essere particolarmente significative in questo senso: il 51% ritiene che dopo un break si possa riprendere la carriera in qualsiasi momento; il 52% che i candidati dovrebbero valorizzare in un colloquio i motivi di queste interruzioni e quello che hanno consentito di apprendere; la metà del campione afferma che i candidati abbiano acquisito delle considerevoli soft skill e che troppo spesso tendano a sottostimarle e a sottovalutare la propria esperienza e il proprio valore, a dimostrazione del fatto che è sempre più necessario imparare a trasformare i problemi in opportunità e soprattutto a comunicare in modo positivo le proprie esperienze, anche quando possono sembrare fallimenti.