Il recruiting tra innovazione tecnologica e centralità del fattore umano

250 candidature per ogni offerta di lavoro aperta: un numero in netto aumento, se si considera che, solo nel 2010, se ne registravano in media 120. Un dato che si traduce inevitabilmente in costi e in tempi di reclutamento piuttosto lunghi, quando invece, spesso, la tempestività nel coprire una posizione risulta essenziale per il business. Proprio per cercare di velocizzare i tempi di selezione è sempre più frequente l’impiego della tecnologia da parte delle aziende, in particolare di software progettati per evidenziare, fra i molti CV inviati, quelli maggiormente in linea con le competenze richieste.
12/10/2022

 

250 candidature per ogni offerta di lavoro aperta: un numero in netto aumento, se si considera che, solo nel 2010, se ne registravano in media 120. Un dato che si traduce inevitabilmente in costi e in tempi di reclutamento piuttosto lunghi, quando invece, spesso, la tempestività nel coprire una posizione risulta essenziale per il business. Proprio per cercare di velocizzare i tempi di selezione è sempre più frequente l’impiego della tecnologia da parte delle aziende, in particolare di software progettati per evidenziare, fra i molti CV inviati, quelli maggiormente in linea con le competenze richieste. Non solo: molte organizzazioni stanno inserendo nella procedura di recruiting anche piccoli giochi online in grado di misurare le soft skill dei candidati e ampliare così i criteri di valutazione. Il fenomeno è ormai molto diffuso: da alcuni dati emerge infatti che il 75% delle aziende utilizza questo tipo di software, percentuale che sfiora il 100% nelle realtà di grandi dimensioni.

 

La tecnologia può sostituire l'uomo?

 

Su questo tema il dibattito è aperto e non è destinato a esaurirsi con una risposta univoca. La tecnologia ha sicuramente il vantaggio di garantire una maggiore oggettività, però la componente umana è in grado di cogliere sfumature e particolari non percepibili ai robot, ma che possono risultare determinanti per comprendere se un candidato è più o meno adatto a una certa posizione. Non bisogna però dimenticare che la tecnologia è uno strumento che, in quanto tale, deve essere guidato dalla componente umana per poter fornire le risposte più adatte a una determinata esigenza. Da questo punto di vista, alcuni dati molto interessanti emergono da una ricerca condotta dall’Harvard Business School su quelli che sono stati definiti gli “Hidden Workers”, i lavoratori nascosti. La tesi sostenuta dai ricercatori è che, in un momento in cui le imprese hanno difficoltà a reclutare il personale, vi sia un bacino di persone che potrebbero avere le competenze necessarie per ricoprire la posizione ricercata, ma che non riescono a “sfondare” il muro dei software di selezione, creando così anche un danno alle aziende. Dalla ricerca emergono anche alcuni elementi che possono essere utili per migliorare i processi di selezione.

 

Migliorare i software

 

Quasi sempre i software di selezione sono progettati per cogliere in primo luogo le caratteristiche mancanti: per esempio, il fatto di avere un “buco” nel proprio percorso professionale determina un’esclusione a priori, pur in presenza di tutte le altre competenze richieste; impostare “in positivo” i criteri potrebbe invece far emergere i candidati più adatti per il profilo ricercato. Importante è anche costruire con attenzione il job posting: un annuncio troppo generico può mettere in difficoltà anche il software nell’attività di analisi dei curricula, così come richiedere competenze eccessive rispetto alla posizione aperta aumenta il rischio di selezionare candidati che potrebbero non essere interessati all’assunzione. Insomma, nella selezione la tecnologia può essere sicuramente una valida alleata per velocizzare e semplificare il processo di recruting, ma non può fare a meno dell’intervento umano, capace di cogliere sfumature che sfuggono ai dispositivi digitali e che risultano fondamentali per garantire risultati più in linea con le esigenze dell’azienda.

 

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